Qualche giorno fa l’autore Daniele Bergesio è stato ospite della nostra libreria per il laboratorio creativo “L’ascensore”, che ha tenuto in due diverse giornate raccontando la storia della piccola Iris a due gruppi di giovanissimi ascoltatori e disegnatori. Abbiamo approfittato di questa occasione per intervistarlo sulla sua attività di scrittore, sulla sua ultima opera – “Il cuoco delle emozioni” – e sui suoi progetti per il futuro. Tra una battuta, un aneddoto e un ricordo tratto dalle sue letture giovanili, Daniele ha divertito anche noi: è proprio un narratore nato!
La prima domanda è facile: chi sei?
«Mi chiamo Daniele, ho 41 anni e sono un chiacchierone che cerca di portare fino in fondo le idee che gli vengono. Mi sono occupato di musica per tanti anni e ammetto di essere un lettore un po’ scarso, soprattutto nelle tempistiche medie! Però ho letto un sacco di libri per bambini e me li sono tenuti cari per sempre.»
Come sei arrivato a firmare libri di storie per bambini?
«Un giorno ho iniziato per scherzo a scrivere favole che stessero in un tweet, si chiamano “Favole Turbo“, e a un certo punto sono effettivamente diventate un libro. La prima di tutte, a cui sono molto affezionato, è stata: “C’era una volta un lupo così cattivo che si mangiò persino il narrat-“. Però quella non è entrata nella raccolta!
A suon di scrivere, un mio collega che disegna molto bene, Alessandro Pedarra, mi ha proposto: “Ma se ci facessi i disegni?“. Lui nasceva come fumettista, quindi funzionava molto bene sull’aspetto vignetta della favola, ed è andato avanti finché un giorno ci ha chiamato un editore siciliano, Edizioni Leima, con cui abbiamo poi fatto due libri. Da allora ho deciso che sarebbe stato divertente continuare a farne altri!
In seguito ho vinto un concorso, con una storia che è diventata il mio secondo libro, e da lì ho proseguito. Ho scoperto che mi diverto molto anche a portarli in giro, i libri! Devo dire la verità, trovo che questa sia la parte più piacevole e interessante di tutte, quindi mi ci dedico con passione.»
Hai qualche fonte d’ispirazione particolare nella composizione delle storie?
«Per lungo tempo vai in giro, ti guardi intorno… è tutta una questione di attenzione. Un po’ tutto può diventare una storia, basta che la rigiri in qualche modo. “Cosa accadrebbe se…?“, oppure “Se questa cosa fosse da un’altra parte…?“, tutte le possibili alternative, deviazioni, che possono venire da un ragionamento. In generale mi piace raccontare il quotidiano, quello che ti accade tutti i giorni. Pensare di doverlo narrare, e in qualche modo spiegare, a un bambino è molto stimolante, perché sai che prima o poi capiterà anche a lui. Mi piace che di ciò che scrivo resti in testa il senso di “possibilità” delle cose belle, di quelle difficili da raccontare, rare ed emozionanti.
Poi, se penso agli autori… è facile dire Gianni Rodari, in occasione del suo centenario, ma effettivamente dei suoi libri ne ho letti a pacchi e continuo a leggerne a pacchi! Forse oggi mostra un pochino la corda sul linguaggio, ma i suoi concetti rimangono invincibili. Secondo me lui ha avuto soprattutto l’abilità, che gli invidio moltissimo e che cerco di fare mia, di dosare la capacità di spiegare qualcosa insieme al nonsense gratuito, più divertente ed estemporaneo. Mi vengono in mente le sue poesie, che erano molto esplicative, quasi didattiche nel loro dare una direzione (svegliati, pensa, ricordati che…). La mia storia preferita di sempre di Rodari è una delle sue “Favole al telefono” ed è “Il naso che scappa“: una roba geniale, mi scompisciavo dalle risate, puro divertissement gratuito. Se devo pensare a “dove pescare”, a come descrivere le cose a un bambino, penso a quel tipo di storie. E poi a tanti altri libri che leggo con mio figlio: insieme leggiamo l’impossibile!»
Sappiamo che sta per uscire un tuo nuovo libro, “Il cuoco delle emozioni”: che cosa bolle in pentola?
«Portarlo in giro è difficile, però è una storia a cui tenevo tantissimo, speravo proprio che diventasse un libro e ne sono molto fiero. È una storia innanzitutto sul poter essere sé stessi, indipendentemente da cosa o come si voglia essere, e poi sul fatto che nessuna emozione merita di essere scartata. Tutto può e deve contribuire alla ricetta della vita, senza pensieri o paranoie, senza sentirsi inadeguati. In particolare, sul tema del poter essere maschi senza dover essere ruvidi, grintosi, solidi e indistruttibili; sul poter serenamente affrontare tutte le emozioni che ci troviamo intorno fa sì che siamo più preparati ad affrontarle. Altrimenti invece di fare i “muscoli emozionali” butti le cose sotto il tappeto, e questo non va bene.
Sono molto contento che “Il cuoco delle emozioni” arrivi con l’editore Settenove, molto schierato in questo senso e molto attento al tema dello scardinamento dei pregiudizi. Ci tenevo tantissimo, è una vera gioia, e sono contentissimo che l’illustratore del libro sia Massimiliano Di Lauro, perché è un tornado, letteralmente: ci sono disegni e colori ovunque! Abbiamo tempestato il libro di personaggi famosi – è stata una sua idea – per far capire che attraverso l’uso delle emozioni puoi fare grandi cose. Ve ne anticipo qualcuno: Stephen Hawking, Amelia Earhart, Che Guevara, Bebe Vio… tanti grandi del passato e qualcuno del presente. Hanno compiuto grandi imprese scavalcando tutti i pregiudizi e le difficoltà del caso.
Sono davvero molto grato a tutti coloro che hanno lavorato alla realizzazione di questo libro.»
Hai già dei nuovi progetti per il futuro?
«Ne ho un sacco, ma non ne posso ancora parlare! L’anno prossimo dovrebbe uscire una serie di cose “mostruose” e ho in cantiere diversi altri progetti, insieme a più editori, non solo in fatto di albi illustrati ma anche di narrativa. Spero che sarà un’annata ricca, quindi… incrocio le dita!»