Dopo la pausa estiva, eccomi tornata su questi schermi con la prima recensione librosa post-vacanze! Il libro in questione è “Tutta la vita che resta”, romanzo d’esordio della scrittrice Roberta Recchia, uscito a marzo 2024 per la casa editrice Rizzoli.
Si tratta di un libro di cui ho sentito dire un gran bene fin da subito, da parte di colleghi e colleghe, e che ha suscitato in me una forte curiosità. Ho voluto però attendere un po’ prima di leggerlo, perché volevo “gustarmelo” con calma. Sapevo che questa storia avrebbe necessitato di un tempo lento per essere letta ed elaborata, e così ho deciso che sarebbe stato uno dei libri che avrei messo in valigia e avrei portato in vacanza con me, al mare.
Sopravvivere al dolore
Nella Roma degli anni Cinquanta, Marisa e Stelvio si conoscono nella bottega del signor Ettore, il padre di lei. Il loro non è un colpo di fulmine ma un amore che cresce piano piano e quello che, inizialmente, doveva essere un matrimonio riparatore diventa un’unione solida e duratura.
La loro vita scorre serena e tranquilla fino a quando, nell’agosto del 1980, una terribile tragedia sconvolge per sempre le loro esistenze, segnando un profondo spartiacque con la vita di prima: una mattina, la loro secondogenita Betta, ragazza bellissima, vivace ed estroversa, viene trovata morta sul litorale laziale.
Nessuno sa, però, che la notte in cui si è consumato l’omicidio era presente anche la giovane Miriam, testimone impaurita e silenziosa che non riesce a togliersi dalla mente il cadavere di sua cugina. Il tragico evento fa sprofondare la famiglia in un baratro da cui sembra impossibile risalire, la morte di Betta pesa su tutti come un enorme macigno.
Ci vorrà del tempo prima che finalmente il colpevole venga consegnato alla giustizia e nel frattempo Marisa e Stelvio cercano di andare avanti come possono: mentre lui reagisce al dolore continuando a lavorare nella bottega di famiglia, mentre Marisa si chiude in sé stessa, non esce più di casa, si sente quasi in colpa per essere ancora viva e quel senso di “dimenticanza”, che piano piano si insinua dentro di lei, sembra farle paura più di ogni altra cosa.
Ma quando si tocca il fondo, si può solo risalire. E sarà l’incontro inaspettato con Leo e Corallina, anche loro segnati da un passato difficile, a portare di nuovo un po’ di luce e a ridare a Miriam e agli Ansaldo la forza e il coraggio per andare avanti con tutta la vita che resta.
Un romanzo che commuove e dona speranza
L’esordio di Roberta Recchia è un romanzo intenso, doloroso ed estremamente commovente. Io difficilmente riesco a commuovermi guardando film o leggendo libri, ma devo ammettere che in questo caso ho fatto fatica, a volte, a trattenere qualche lacrima. Come si sopravvive alla perdita di un figlio? È questa la domanda ricorrente nel romanzo, al cui centro c’è appunto il tema del lutto e la sua elaborazione. Ma quello della Recchia non è solo una storia triste e cupa, ma è anche una storia piena di luce, pervasa dall’amore, dalla cura e dalla forza dei legami che riescono a ridare speranza laddove questa sembrava essere persa per sempre.
Un romanzo che, oltre a quello del lutto, affronta tanti temi importanti e attuali come la discriminazione, la tossicodipendenza, la transessualità, la violenza di genere e fa anche denuncia sociale. Uno stile narrativo fluido, delicato, non troppo elaborato ma maturo, che rende difficile credere che si tratti davvero di un esordio.
I personaggi sono ben descritti e caratterizzati, difficili da dimenticare una volta chiuso il libro. Si percepisce chiaramente tutto il dolore che vivono Marisa, Stelvio e Miriam e quanto sia difficile andare avanti schiacciati da un peso che quasi toglie il respiro. Leo e Corallina sono indubbiamente i personaggi più belli, a cui è veramente impossibile non affezionarsi. Due fratelli la cui vita è stata segnata da traumi profondi ma che, con la loro semplicità e la loro generosità, riescono a fare breccia nel cuore di Miriam e degli Ansaldo, riportando un po’ di serenità.
L’unica piccola critica che mi sento di muovere a questo romanzo è forse il troppo spazio dato al personaggio di Miriam rispetto ai genitori di Betta. Gran parte del libro è infatti dedicata alla sua elaborazione della perdita, a ciò che prova e a ciò che vive, lasciando un po’ in secondo piano Marisa e Stelvio. Avrei forse preferito che l’autrice avesse dato spazio a entrambi in egual misura, raccontando le loro vicende in parallelo.
Difficile da inquadrare in un solo genere letterario, “Tutta la vita che resta” è un romanzo intimo, che sa essere crudele e dolce. Una meravigliosa storia di dolore e rinascita che divorerai nel giro di pochi giorni e ti rimarrà impressa nel cuore per molto tempo. Un libro da custodire. Assolutamente consigliato!
L’autrice
Nata a Roma nel 1972, Roberta Recchia è laureata in Lingue e Letterature Europee e Americane e in Relations Interculturelles et Coopération Internationale.
Appassionata di cinema e letteratura, oggi è un’insegnante di inglese e vive con il suo cagnolino Claudio.
“Tutta la vita che resta” è il suo primo romanzo, pubblicato da Rizzoli a marzo 2024 e in corso di traduzione in quattordici Paesi tra cui Regno Unito, Francia e Spagna.